Farinetti: “Nella vendemmia tutti i sentimenti della vita”.

vendemmia fontanafredda farinetti

Ricordo la mia prima vendemmia. 1970, avevo 16 anni e mi ero arruolato, insieme ad alcuni miei amici del liceo, nelle truppe di Fontanafredda. Era già allora la più importante azienda vitivinicola della Langhe. 500 lire l’ora per otto ore al giorno, per 5 settimane. Un gran bel gruzzolo per un giovane studente. Avrei vendemmiato Moscato, Pinot Nero, Dolcetto e un po’ di Barbera, tra l’ultima settimana di agosto e l’ultima di settembre. Il primo di ottobre ricominciava la scuola, mi toccava rinunciare al Nebbiolo, con dispiacere.

Il giorno prima ero andato da mio nonno per un corso accelerato di Felco. È un’arte impugnare quella forbice, mi sentivo emozionato, Fontanafredda richiedeva competenza. Chi lo avrebbe mai detto che, 37 anni dopo, mi sarei comprato quella mitica azienda. La vita riserva sorprese impensabili.

Ho partecipato a 37 vendemmie, mai da protagonista. È il contadino il protagonista, colui che ha accudito i filari per 10 mesi…

Da allora non mi sono più perso una vendemmia. Magari anche una sola giornata da amici, ma non mi sono fatto mancare un’annata, compreso quelle sfortunate, a causa della grandine. Mi è sempre parso assurdo, da Langhetto, perdermi il momento culminante della stagione del vino, il principale prodotto della mia terra. Dunque posso dire di aver partecipato a 37 vendemmie. Intendiamoci, mai da protagonista. È il contadino il protagonista, colui che ha accudito i filari per 10 mesi e in quel momento vive il compimento di quel duro lavoro.

Chi coltiva passa la vita alla ricerca della sua uva perfetta, l’enologo insegue il suo vino perfetto…

Ecco ciò che mi ha sempre emozionato della vendemmia: osservare l’agricoltore nel rapporto con quei grappoli che ha tanto coccolato prima ancora del loro sbocciare. Anche ora che sono io stesso il produttore osservo le discussioni tra il mio agronomo e l’enologo. È in quel momento che si consuma l’epica di una stagione viticola. Chi coltiva passa la vita alla ricerca della sua uva perfetta, lo stesso avviene per l’enologo che insegue il suo vino perfetto. Per entrambi ogni volta è una meravigliosa delusione e ogni volta decidono che toccherà alla prossima vendemmia offrire loro l’uva e il vino perfetti. Sta proprio nella meraviglia dell’imperfezione il miracolo del vino.

Il primo giorno di vendemmia è sempre un momento di rimpianti o di rimorsi. “Forse avrei dovuto aspettare ancora una settimana”, “Forse era meglio se avessi incominciato prima”. Non avete idea di quanto mi diverta (ma è un divertimento che sconfina nell’emozione) assistere alle discussioni tra Alberto e Danilo. Loro sono, nell’ordine, l’agronomo e l’enologo di Fontanafredda. Stanno lì tra le vigne, strappano acini, li guardano, li assaggiano e devono decidere quando incominciare la vendemmia. Malgrado il meteo oggi li aiuti non sono mai d’accordo. In genere Alberto vuole anticipare, mentre Danilo propone di posticipare. Pensateci, è naturale che l’agronomo, il quale ha convissuto con quei grappoli per mesi, abbia paura che qualcosa di non previsto li rovini. Alla fine tira sempre fuori la storia degli uccellini che, avendo incominciato a beccare l’uva, restano il miglior indicatore. Guardo i loro occhi puntati su quegli acini, mi faccio raccontare le storie delle loro vendemmie, se le ricordano tutte e sono più bravi a raccontare ciò che andò male.

Non esiste nulla al mondo, quanto la vendemmia, che rappresenti insieme gioia, delusione, festa, fatica, speranze, sogni, cinismo, fatalità, passione. Insomma è la vita. In poche settimane si consumano tutti i sentimenti primordiali dell’esistenza umana.

Oscar Farinetti

Lascia un commento

*