“Il mio abito ha i superpoteri – Quando l’inclusione passa da guardaroba e makeup” : il titolo del libro a cura della giornalista torinese Francesca Martinengo che parla di adattive fashion, moda inclusiva, ma non solo. Disponibile su Amazon, il testo offre spunti interessanti sia per coloro che hanno delle fisicità diverse sia per chi lavora nei settori moda e beauty.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità 1 persona su 6 al mondo convive con una disabilità, ma l’industria della moda ancora non soddisfa adeguatamente le esigenze di queste persone che per lo più preferiscono fare acquisti online per evitare i negozi, non sempre accessibili. Partendo da queste considerazioni, e dal proprio vissuto personale, con il libro Il mio abito ha i superpoteri – Quando l’inclusione passa da guardaroba e makeup la giornalista Francesca Martinengo esplora il mondo dell’adaptive fashion, il comparto moda dedicato a coloro che hanno fisicità diverse, con un’incursione anche nel settore della moda inclusiva.

L’autrice illustra come la possibilità di scegliere come vestirsi e truccarsi rappresenti, per le persone con disabilità, il diritto di esprimere la propria identità e spiega come i capi adattivi e i makeup accessibili donino un margine di indipendenza, aspetto spesso negato a chi ha difficoltà motorie, visive, uditive e non solo.
Il libro, ideale per tutti i tipi di lettori e per gli addetti ai lavori del settore fashion e beauty, intende sensibilizzare su questo tema e sostenere un approccio inclusivo che valorizzi ogni persona, nessuna esclusa.
Di seguito, l’intervista che l’autrice ha gentilmente rilasciato alla redazione:
Come è nata l’idea del libro?
“Sono partita da me, perché quando ho iniziato a cambiare fisicamente e a frequentare ospedali e palestre ho notato che la maggior parte delle persone indossava abiti anonimi e mi sono chiesta: perché non è possibile vestirsi bene? Ho cercato sui siti dei look che mi piacessero e che si adattassero alla mia fisicità e ho scoperto che in Italia non c’era nulla di interessante, mentre in altri Paesi sì. Quest’anno YouGov, un istituto di ricerca internazionale, ha condotto una ricerca per Zalando ed ha evidenziato che l’81% degli Italiani non sa cosa sia la moda adattiva. Ancora più grave è che il 70% delle persone con disabilità non conosca l’adaptive fashion, a dimostrazione che l’inclusione è un tema complesso da affrontare. In America e in Inghilterra c’è una maggiore sensibilità su questi argomenti e negli Stati Uniti nel 1990 è stata approvata dal Congresso, e firmata dal presidente George Bush, L’Americans with Disabilities Act (ADA) ovvero una legge federale che tutela i diritti delle persone con disabilità”.
Nel testo esplori il mondo dell’adaptive fashion, moda e inclusività. Di cosa si tratta?

“La moda adattiva si riferisce all’abbigliamento e agli accessori realizzati per persone con fisicità diverse così che possano vestirsi in autonomia e stare bene nei propri abiti in modo che i vestiti stessi non siano delle barriere architettoniche. La tematica relativa a moda e inclusività e l’adaptive fashion coincide anche con la moda etica sia perché si basa sul rispetto verso gli altri sia perché molti capi sono realizzati con materie organiche e naturali”.
Nelle pagine non manca un’incursione nel mondo del beauty inclusivo.
“Quando indossiamo qualcosa che ci piace ci sentiamo bene e, allo stesso modo, quando ci trucchiamo in un certo modo ci sentiamo affascinanti. Questo privilegio, però, deve essere appannaggio di tutti e tutte. Facendo delle ricerche ho scoperto che esistono brand di beauty pensati per coloro che hanno il morbo di Parkinson, per chi è ipovedente o ha altre disabilità. Sono prodotti, ad esempio, che hanno un dispenser pensato anche per persone con un braccio solo o che hanno le scritte in rilievo per facilitare chi è ipovedente. Anche in questo caso all’estero sono più avanti che nel nostro Paese e ci sono persone come Molly Burke, la beauty influencer cieca che insegna a riconoscere i prodotti senza vederli e a truccarsi anche quando ci sono delle difficoltà fisiche. Da noi la differenza la fa l’imprenditrice e divulgatrice per l’inclusione Benedetta De Luca che ha lanciato Benedetta Skincare, la prima linea italiana di skincare adattiva e accessibile progettata per rispondere alle esigenze di tutti i tipi di pelle, di corpi e di abilità”.
La società, oggi, è discriminatoria o inclusiva?

“Io lavoro in un ambiente inclusivo, ma spesso – per indole umana – chi non ha problemi fisici non pensa che esistano barriere per chi ha delle disabilità. Purtroppo ci sono ancora persone che ci fanno sentire diversi, anche se credo molto nei giovani perché noto che hanno una maggiore sensibilità verso chi ha delle difficoltà”.
Cosa potrebbero fare i brand per essere più adattivi?
“Sono consapevole che lavorare su fisicità diverse sia difficile, ma con l’intelligenza artificiale si potrebbero realizzare dei capi perfetti per ognuno. Esistono già degli specchi capaci di mostrare la persona mentre indossa dei vestiti virtuali per cui i brand potrebbero usare questi strumenti oppure, ancora meglio, potrebbero inserire in organico dei designer con disabilità che, proprio perché hanno un’esperienza diretta, possono realizzare abiti che stiano bene a tutti. Secondo me la mission dei fashion designer dovrebbe essere vestire le persone per farle sentire a proprio agio perché credo fermamente che la bellezza ci salverà”.
Un consiglio per le lettrici che si identificano nel tuo libro?
“Prendere bene le proprie misure e ordinare i capi online. Provare ad indossare un abito adattivo per sentirsi meglio”.
Intervista a cura della fashion contributor Barbara Odetto