Il lusso è un concetto che evoca immagini di esclusività, raffinatezza e una vita al di sopra delle normali necessità quotidiane. Tuttavia, il suo significato è evoluto nel tempo, adattandosi ai cambiamenti sociali, economici e culturali.
In passato, il lusso era spesso associato a beni materiali costosi e a stili di vita opulenti, riservati a una ristretta élite. Oggi, però, il lusso non è solo una questione di prezzo o rarità, ma anche di esperienze uniche, qualità senza compromessi e ricerca del piacere estetico. In un mondo sempre più globalizzato e interconnesso, il lusso si sta trasformando, abbracciando valori come la sostenibilità, l’autenticità e l’artigianalità. Così, il lusso diventa non solo un segno di status, ma anche una ricerca di bellezza e significato profondo, capace di riflettere l’individualità e i cambiamenti della società moderna.
Ne abbiamo parlato con personaggi di rilievo del mondo del giornalismo, dell’hotellerie, del vino e della ristorazione.
L’osservatore: ALBERTO SCHIEPPATI, scrittore, giornalista, direttore di note testate dei settori enogastronomici, hotellerie, occhio critico e obiettivo sul mondo luxury in genere.

-Cosa si intende per lusso?
Il termine lusso racchiude in sè un concetto che mi sentirei di definire nel modo seguente: è lusso tutto ciò che riguarda la sfera emozionale e comportamentale degli individui, ai massimi livelli di percezione di benessere e di qualità dell’esperienza. Potersi permettere un “lusso”, equivale a vivere un’esperienza che va oltre le proprie aspettative, in linea con il proprio bisogno di benessere e le proprie esigenze di assoluto comfort. Perciò rifiuto di assegnare al termine “lusso” un’accezione subordinata esclusivamente a variabili economiche o reddituali. Ognuno ha il proprio concetto di lusso…
–Come si potrebbe parlare lusso in questo delicato momento economico?
Per taluni può essere lusso soggiornare nel più esclusivo Resort delle Maldive, per altri è un “lusso” lavorare vicino a casa, ottimizzando i tempi degli spostamenti casa- lavoro, oppure è un lusso frequentare una palestra alla moda. Poi, c’è il lusso “da esibire” per importantizzarsi nella scala socio-relazionale. E c’è il lusso personale, che non ha necessità di essere trasmesso o raccontato ad altri e fa volentieri a meno della visibilità e delle conferme. I
veri ricchi, infatti.
-Quali ingredienti nella ristorazione si possono definire “ luxury food”?
Nel mondo del food, c’è una grande confusione. Non necessariamente certi prodotti sono Luxury solo perché costosi… Tutto dipende da reddito e cultura del cibo, ovvero possibilità economiche e desiderio. Valori individuali, che esulano da considerazioni mediatiche da mediocri protagonisti del main stream. Ad alcuni piace il miglior cotechino. Ad altri il migliore caviale. Ad altri in grande culatello. Come dicevo il lusso è un concetto non assoluto, come la bellezza.
-Nello svolgimento della tua professione, hai avuto anche modo di approfondire la tematica del lusso nell’hotellerie: come è cambiata la percezione di questa tematica, dagli anni 80 ad oggi?
Nel mondo dell’ospitalità è diverso: in questo caso giocano elementi come il territorio, l’ambiente, la localizzazione, l’appeal che un certo luogo esprime.
Poi c’è l’aspetto umano, saper accogliere è fondamentale; in seconda battuta, arrivano le dotazioni (spa, ristorazione ecc…),che fanno la differenza e generano lusso autentico per chi sceglie un Grand hotel/Resort.
Chi opta per una vacanza in queste strutture, raramente sceglie di cenare all’interno della struttura. Ci sono illustri eccezioni sicuramente, ma spesso si preferisce esplorare il territorio, alla ricerca di autenticità, di cucina di tradizione, ma eseguita alla perfezione. Ecco perché la “ristorazione d’albergo”, letteralmente esplosa a metà anni Novanta, si è ridimensionata, avendo una clientela soprattutto esterna, che sceglie il ristorante per la linea di cucina o perché segnalato dalle guide.

L’imprenditore del settore hotellerie. ANDREA CAMESASCA, titolare del Rural Resort ‘ Il Corazziere’, fine osservatore, studioso e anticipatore del fenomeno turismo sul territorio lariano (parte di territorio compresa fra i due rami del lago di Como), oggi porta avanti con passione e visione strategica il suo meraviglioso resort nella Riserva Naturale Parco Valle del Lambro
–Cos’è per te il Lusso negli hotel, oggi?
Il MIO lusso, per me peraltro che ho lavorato anche in bermuda strutture negli States, quindi in completa libertà anche dai formalismi dell’abbigliamento che magari la situazione può prevedere, è stare in pace con l’ambiente, che è poi il leit motive che alimenta la mia realtà. La chiamo Resort, giusto per non dare l’idea che ospitiamo le persone in capanne di bambù, ma in realtà il NUOVO LUSSO NELL’HOTELLERIE è proprio rendere i luoghi di accoglienza in linea e in dialogo diretto con la natura circostante, cercando di inquinare il meno possibile, respirare aria pulita, verso il TURISMO DEL FUTURO che assumerà forme di TURISMO RIGENERATIVO, prendendosi prima di tutto cura di sè: questo, se ci pensate, è un gran LUSSO.
–Durante i tuoi convegni sulle tematiche del turismo, hai accennato al termine di “dubaizzazione”: cosa intendi?
Dico questo: investire nell’hotellerie va bene, nell’hotellerie declinata al “green” ancora meglio, ma il tutto nel rispetto del genius loci. Noi, ad esempio, a Baggero appunto, piano piano stiamo attuando un piano di rigenerazione incredibile, in collaborazione con le reti di depurazione consortile e dando il via a processi di utilizzo delle risorse naturali, per esempio l’acqua, come elementi di energia rinnovabile che alimenta tutta la struttura, dalle bioterme all’acqua della piscina.
Detto questo, l’esempio del Lago di Como, è emblematico: in passato Como era importante per il settore del tessile; poi, tanti imprenditori hanno formato i proprio concorrenti, cinesi per lo più, vendendo loro auto, aziende…non è che forse sta avvenendo la stessa cosa per il turismo, soprattutto in queste zone? I gruppi che arrivano marginano su quel lusso che, in alcuni ambiti, è vuoto: ecco la DUBAIZZAZIONE, un omologazione dei format turistici, senza personalità. Ma è quello che noi davvero vogliamo? noi inteso come Italia, “capitale” di una tradizione quasi famigliare dell’hotel-ristorante.

–E’ cambiato qualcosa nella ricerca dei servizi negli hotel che possa davvero dirsi “luxury”?
La situazione è un pò diversa da come viene solitamente raccontata. C’è una polarizzazione in questo momento: da un lato esiste la clientela alto spendente alla ricerca della percepita esclusività, modello che noi italiani, ad esempio, non possiamo più permetterci; dall’altro – è questa è la bella novità, perlomeno da cosa vedo nella mia struttura – esiste la categoria di coloro che sono stanchi del ‘fake tourism’, cioè di vedere la folla, fare la coda per situazioni banali ma prediligono esperienze di vero turismo, fatto di riposo a contatto con la natura, scoprire il territorio, il cibo e il contatto con i “local”.

Il consulente del vino: GIANCARLO MARENA, ex restaurant manager e sommelier con un’esperienza pluriennale nel settore, offre consulenze nella definizione della carta dei vini di ristoranti di alto livello
–Quali sono i vini che attualmente sono maggiormente apprezzati in Italia?
Sicuramente i vini più apprezzati in Italia sono nostrani: naturalmente bisogna identificare le tipologie di clienti a cui ci rivolgiamo, ma quello che posso dire è che, inaspettatamente, esiste un forte interesse sui vini naturali da parte dei ‘young consumer’, mentre gli amanti più critici apprezzano i vini da tutto il mondo, l’importante è che appartengano a buone annate e provengono da zone interessanti.
–Nella proposta dei vini di livello, il sistema fieristico italiano – Vinitaly nello specifico – sostiene, secondo te, la loro promozione?
Credo che Vinitaly sia una delle fiere più importanti del settore vinicolo, che dà ampia visibilità e opportunità di business a tante aziende e negli ultimi anni riesce ad attirare un numero crescente di buyer e importatori da tutto il mondo. L’importante è che i produttori si organizzino in tempo per farsi trovare pronti dai vari buyer, (intendo un lavoro di ricerca e visibilità che comprende sia addetti stampa che Sales manager ) e non aspettare che passi il buyer di turno da acchiappare come al mercato.

-Cosa si può intendere, se si può intendere, per vino di lusso?
Innanzitutto bisognerebbe chiarire cosa si intende per lusso: credo che faccia molto la differenza, secondo me , capire che esistono due tipologie ben distinte, dove una riguarda le cose materiali e l’altra un sentimento, come le sensazioni personali e mentali che proviamo. Il Lusso di solito rimanda a cose o oggetti inarrivabili per i più (vedi un’auto sportiva o un superattico a New york ,un grande vino battuto da qualche asta in Asia a cifre folli per intenderci), ma credo che il vero lusso non stia nelle cose materiali, ma nel riuscire a concederci delle pause di godimento davanti, ovviamente, a un buon calice di vino, secondo i propri gusti: al giorno d’oggi, con i nostri ritmi, la vita frenetica e la routine di un lavoro che ci impegna sempre più, quasi a logorarci, è un lusso anche solo riuscire a trovarsi.
Credo che, a questo punto, quando si parla di “vino di lusso “, si intende un momento che un grande vino può concederci, come il sorseggiare senza ansia un calice di vino alla vista di un tramonto, davanti a un camino, sentire sensazioni tattili e gustose nello scoprire la grande evoluzione di determinati vini dopo un ottimo invecchiamento, concedersi abbinamenti con il cibo goderecci o per nulla scontati.
Ecco per me cosa si intende per lusso nel mondo del vino.

Lo chef stellato, ROBERTO DI PINTO: titolare del SINE BY DI PINTO a Milano, meta gastronomica ( da poco insignita della prima stella Michelin) che ha saputo mantenere una forte identità culinaria – la napoletanità dello chef – insieme a un sapiente utilizzo dell’alta qualità nei piatti realizzati.
–Cos’è secondo te il lusso nella ristorazione di alto livello oggi?
Risiede nella comodità, nel far stare bene l’ospite che entra in alcuni ristoranti per dedicarsi del tempo e non per dedicarlo al ristorante, come una sorta di SPA. Ho sempre pensato di dover creare un servizio su misura per loro, per fidelizzarli nel tempo e creare un rapporto duraturo, aspetto che, da tanto tempo, è venuto a mancare.
Ho spesso a che fare con una clientela eterogenea ma molto attenta a tutto, soprattutto al servizio in sala: spesso, i clienti possono anche aver mangiato bene, ma se il servizio è stato carente, sicuramente sarannno persi e non torneranno più. Per questo, la cura e la dedizione per il servizio e la formazione della brigata, è uno dei punti cardini nello svolgimento quotidiano del mio lavoro.
– Il mangiare bene, di qualità – il fine dining – è morto, secondo te?
Assolutamente no, ma è sicuramente in evoluzione: non a caso, da oltre un anno, con il rebrading del mio ristorante, ho anticipato i tempi di quello di cui spesso oggi si parla. Infatti, dalla stessa parola, ‘Sine’, che in latino significa ‘ senza’, avevamo voluto sottolineare il messaggio che da noi il superfluo sarebbe stato eliminato per concentrarci esclusivamente sul cliente e le sue aspettative, abbattendo eventuali muri fra di noi ed essere un ambiente inclusivo, non esclusivo.
Ritengo che sia stato proprio il manifesto dell’UNCONVENTIONAL FINE DINING a farci apprezzare dalla Michelin, proprio perché diamo particolare risalto alla qualità – dei piatti e del servizio – e rispetto dell’ambiente urbano, Milano, appunto.

–Nel tuo ristorante, coltivi una cucina che si può definire di lusso?
Noi abbiamo una clientela molto variegata: dai giovani, ai manager, professionisti, famiglie etc… Non vedo un ceto sociale nel mio ristorante.
Siamo un ristorante attento anche alla spesa, non vogliamo essere elitari, pur avendo tutte le carte per esserlo.
Abbiamo vari menù, personalizzabili; una carta vini con prezzi accessibili e vini interessanti afficancati a etichette molto ricercate e famose. Insomma, ce n’è per tutti!
Ogni nostro cliente è nel luogo giusto, nessuno si sente nel posto sbagliato quella sera, e bisogna comunicarlo bene!
Oggi la comunicazione fa parte del lavoro da fare, i canali ci sono , vanno usati e gestiti nel miglior modo possibile.
Intervista a cura di Chiara Vannini