Lo stile e l’eleganza di Andrea Berton, chef che ha fatto della sua autorevolezza un punto di riferimento del “bien vivre” gastronomico. E ha saputo trasformare il suo ristorante in una autentica destinazione del lusso.
La scorsa estate, Andrea Berton aveva festeggiato con pochi amici i suoi primi dieci anni nella location esclusiva di via Mike Buongiorno, a Milano. Una stella Michelin (la sua cucina ne meriterebbe almeno due, a detta di tanti), lo chef di origini friulane, ma a Milano da oltre trent’anni, aveva per l’occasione ripresentato alcuni suoi piatti storici, che sono riusciti a mantenere nel tempo una grande e dinamica contemporaneità. La sequenza, che è stata contrassegnata da un servizio perfetto in sala, aveva confermato una volta di piu lo stile e l’eleganza di Andrea Berton.
Niente voli pindarici, solo contaminazioni intelligenti e sensate, ogni piatto contraddistinto da equilibrio e struttura. Cosa dire di più? La cucina che amiamo, insomma. La lunga carriera di Andrea Berton è una garanzia assoluta di esperienze, caratterizzate da un bagaglio culturale di prim’ordine. Berton non finisce mai di stupire: il menù dei dieci anni si è rivelato una tappa miliare di una evoluzione verso la perfezione gustativa e stilistica. A distanza di qualche mese, abbiamo voluto reincontrare lo chef per fare il punto sul suo lavoro, oltre che per una conversazione sul futuro della cucina italiana. Ne è nata una conversazione che vi proponiamo.
AUTOREVOLE È LA PRIMA PAROLA CHE MI VIENE ALLA MENTE PENSANDO AD ANDREA BERTON E ALLA SUA CUCINA. AUTOREVOLEZZA E SERIETÀ SONO VALORI SENZA TEMPO, CLASSICI E MODERNI, PERSINO CONTEMPORANEI.
ANDREA, TI RITROVI IN QUESTA DEFINIZIONE?
Non sono certo io a dovermi ritenere autorevole, ma certamente ho sempre portato rispetto assoluto verso le materie prime e, soprattutto, ho sempre creduto al lavoro assiduo, preciso e attento ai dettagli, che ci consente di esprimere ai massimi livelli la nostra visione di cucina, il nostro stile di lavoro. L’obibiettivo è di realizzare una linea di cucina in cui il gusto sia sempre protagonista, senza inutili esibizioni, ma con un carattere proprio.
LA RISTORAZIONE DEL FINE DINING SI STA INTERROGANDO DA TEMPO SUL PROPRIO DESTINO. LA TENDENZA DELLA DOMANDA SEMBRA ESSERE VERSO UNA SEMPLIFICAZIONE DELLE PROPOSTE. MA NON C’È IL RISCHIO DELLA BANALIZZAZIONE?
Direi che riflettere sul futuro del fine dining non è una cosa nuova. Chi lavora a livelli qualitativi elevati ha il dovere di interrogarsi sul proprio lavoro. In un certo senso è sempre stato così, ma nel tempo c’è stata anche una sorta di selezione naturale, che ha visto i più bravi e più capaci restare in sella, affermarsi, crescere professionalmente e ottenere risultati accompagnati ad un innegabile successo.
Gli “scimmiottatori” mai come ora hanno vita breve. La clientela gourmet cerca contenuto di livello nei piatti, visione originale e linea di cucina ben caratterizzata. Non certo imitazioni di piatti altrui o linee di cucina prevedibili ed omologate.
Se non trova questi valori, si stanca della ripetitività, si allontana da un fine dining che “fine” è sempre meno. Poi, è normale che ci siano periodi in cui le percezioni -a livello sociale, di costumi e di comportamenti di consumo- cambiano e ci si focalizza di più su altro: come, ad esempio, la riscoperta dei grandi piatti della cucina italiana, semplici ma eseguiti perfettamente. Una tendenza che vedo inarrestabile, a cui stiamo lavorando con consulenze mirate. Una per tutte, Casa Brera, ovvero la ristorazione della struttura MARRIOTT appena aperta in pieno centro a Milano.
Rischio banalizzazione? È più che mai necessario mobilitare talento ed esperienze, a 360 gradi, ma ci deve essere anche il divertimento per l’ospite, lo stare bene, contribuendo alla crescita dell’offerta nel senso più autenticamente profondo, che ha un evidente base di capacità, professionalità, estro creativo autentico. Cucine in cui il gusto sia comunque prioritario, insieme alla leggerezza delle proposte, purché non perdano di intensità, di carattere, di eleganza.
I PREZZI NEL FINE DINING SONO AUMENTATI PARECCHIO NEGLI ULTIMI ANNI, COSTO DEL LAVORO, COSTI DI GESTIONE E QUANT’ALTRO.
Ogni azienda adegua i suoi costi, è inevitabile. Mi chiedo perché il food non si debba adeguare. Peraltro, il turismo internazionale ci premia ma anche gli italiani ci amano, pur nella ricerca di un rapporto intelligente tra domanda e offerta. Non dimentichiamo che noi in Italia viviamo di turismo, soprattutto internazionale: e ci sono situazioni che hanno un valore molto elevato, che rendono memorabile l’esperienza.
IL TUO RAPPORTO CON LA MATERIA PRIMA…
In realtà la materia è sempre al centro del mio lavoro. La gestione delle materie prime deve essere fatta con rispetto e sapiente valorizzazione di ogni ingrediente. Come diceva il Maestro Marchesi, “senza snaturare le materie prime, non rovinandole, rispettandole in modo assoluto e consapevole. E, ovviamente, sapendole selezionare con meticolosa attenzione”.
Intervista a cura del giornalista Alberto Schieppati