Sembra un’eresia ma dobbiamo accettarlo: entrati nel terzo millennio la stagionalità di molti alimenti esiste sempre meno. Sarà la globalizzazione, la continua richiesta del mercato, la facilità con cui il cibo e i suoi componenti si spostano da una parte all’altra del pianeta in sempre meno tempo, sta di fatto che l’esercito di chi non segue più la stagionalità dei prodotti ma li vuole trovare per gran parte dell’anno, arruola sempre più nuovi adepti.
Quelle che per secoli sono state chiamate “primizie” oggi sono prodotti, materie prime che possiamo trovare tutto l’anno, come fosse una stagionalità destinata a durare: senza scadenze, senza paura di non trovare più l’oggetto del desiderio.
Qualche giorno fa in una tavola conviviale, tra amici addetti ai lavori, abbiamo parlato proprio di questo: complice l’arrivo in tavola di un formaggio da sogno, Il Sancarlone, prodotto da quel “Maître Fromager” che ha vinto l’Italian Cheese Award 2016, Carlo Fiori Guffanti. Uno dei massimi riconoscimenti internazionali in questo settore per un uomo che ha per vocazione l’esaltazione di un prodotto che sprigiona goduria al solo annusarlo e che sarebbe riduttivo chiamarlo solo “formaggio”. La sua lavorazione è tutta da raccontare, magari assaggiandone di tanto in tanto alcuni tocchetti…Questo Sancarlone è una variante del blu novarese, altro ben di dio di questa terra. E che porta il nome del santo protettore della città di Arona. La cui denominazione esatta è Erborinato Sancarlone caffè in crosta. Formaggio ottenuto dalla lavorazione di latte vaccino proveniente dalla provincia di Novara. Un formaggio erborinato da tavola che richiama la grande tradizione dei blu piemontesi.
Il formaggio viene successivamente lavorato nel caffè selezionato all’origine e lasciato a stagionare per almeno 90 giorni dall’arrivo nelle cantine di invecchiamento. Il Sancarlone viene trasferito dalla cantina di deposito all’esterno per poi rientrare per un tempo non inferiore a 5 mesi: questa operazione serve per far trasudare tutto il siero e togliere lo sgradevole sapore amarognolo. Nelle cantine il prodotto stagiona non fermentando muffe. Ed eccoci alla fase finale: il formaggio viene interamente ricoperto dal caffè in grani per almeno 2 due mesi e sembra quasi sostituirsi alla naturale crosta, evitando una persistente secchezza.
Dal formaggio alla pasta: e il perché è presto detto. Si tratta di un altro prodotto, che tra l’altro ben si sposa con la tipicità lattierocasearia, che pur non rispecchiando completamente la stagionalità, vede l’impiego di materie prime che si trovano ormai durante tutto l’anno. Ci viene in aiuto per questo Fulvio Marino, patron del Mulino Marino di Cossano Belbo, punta di diamante nel settore delle farine a marchio italiano. Con l’ultima linea di produzione “che sarebbe assolutamente sbagliato chiamare “pasta” – ci dice Marino – perché tutte le paste del mondo artigianali o industriali che siano devono essere prodotte con semola di grano duro e acqua. Questo prodotto che noi lavoriamo vede invece come impiego lo sfarinato di grano duro macinato a pietra naturale e acqua.
Il risultato non solo ci ha convinto ma ha trovato largo consenso in un mercato molto particolare e sempre più esigente: un prodotto non solo di qualità ma facilmente digeribile; ma che fosse, allo stesso tempo, facilmente abbinabile con olio, parmigiano, cacio e pepe, sughi freschi”. Un prodotto “ che come materia prima viene coltivata nella nostra zona con grani selezionati, macinati a pietra, “Senatore Cappelli” mentre la produzione viene fatta a Gragnano, sito storico per la produzione di pasta. Il metodo è brevettato: soprattutto ha particolari effetti sulla essiccazione; 48 ore, con una certa variabilità in funzione dell’umidità, dell’ambiente e della farina”. Con una particolarità per il consumatore: “nella confezione non viene indicato sempre lo stesso tempo di cottura, ma viene suggerito di volta in volta e questo perché l’impiego di una farina completamente artigianale non può avere delle indicazioni standardizzate”.
Ma anche l’occhio vuole la sua parte: è il caso del packaging che deve catturare immediatamente l’attenzione del consumatore. “Un logo, quasi un simbolo: lo storico pacco di farina, il cui contenitore presenta su sfondo bianco il logo dell’Azienda Marino in rosso e il marchio biologico in verde, richiamando la bandiera italiana.”.
L’idea è di Letizia Cigliutti:Fotografa , graphic designer, art director freelance: “Il motivo per cui lavoro molto sia con il cibo che il vino è per una passione personale. Favorita comunque dal fatto che vivo nelle Langhe: dove cibo e vino sono la cultura di generazioni . E poi l’incentivo grande deriva dall’amicizia storica con la famiglia Marino.
Il concetto di globalizzazione, di non stagionalità ma di presenza si mercati tutto l’anno di una infinità di prodotti tocca da vicino uno dei capisaldi di questo settore, il vino. Siamo andati per questo a scoprire piccoli e grandi produttori in una città storicamente vocata per la produzione del vino: Porto. Qui l’attenzione è caduta su una storica cantina portoghese che ha da sempre la caratteristica del rinnovamento pur nella continuità di un vino che nel tempo presenta tutta la sua longevità: Ramos Pinto.Ci siamo addentrati nei vigneti, terrazzati sul Douro: la zona è quella della Quinta Do Bom Retiro, uno dei più antichi della zona. Viene vinificato attraverso un bland di uvaggi, con età media di 20 anni; dal colore bruno con riflessi dorati che indica uno stadio avanzato di invecchiamento. Per un prodotto finale dal colore rosso, caldo, con una leggera sfumatura di arancione; la consistenza è vellutata con sentori di pompelmo, albicocca, mandorla e fave di cacao. Invecchiato in botti rovere questo Porto presenta una persistenza olfattiva crescente fino ad arrivare a sensazioni aromi tostati, cannella, caramello e caffè. In bocca è fine, persistente, elegante: il cui abbinamento trova la sua esaltazione non solo con dei formaggi stagionati ma a fine pasto con cioccolato accompagnato da un buon sigaro. La temperatura di servizio varia dai 14 ai 18 gradi.
Lorenzo Palma
Al di là di Lorenzo, persona meravigliosa che conosco da qualche tempo, lavoratore attento e che mette tutta la sua passione nel suo lavoro, devo dire che è un’idea fantastica diffondere queste conoscenze… perché diciamocelo, non sono molti quelli che conoscono il vero buon cibo. Concludo facendo i miei più sentiti complimenti a Lorenzo, e al questo articolo davvero interessante!
Grazie mille Alessia, da parte di tutta la redazione