Inizia con questo numero la nostra inchiesta sui grani prodotti e macinati in Europa: dalla storia delle farine vecchie di secoli a quelle dei giorni nostri. Parleremo anche del loro impiego presentando, con l’aiuto dello chef Roberto Bonifazi, un piatto della tradizione rivisitato recentemente proprio da lui. Per chiudere abbiamo fatto il raffronto tra due delle principali regioni italiane dove impiego della farina e prodotti finiti sono alla base della loro storia culinaria, il Piemonte e il Lazio.
Bianca come la neve, fragrante e diversa a secondo dei grani moliti, sua maestà la farina trova davvero largo impiego sulle nostre tavole. Il colore, la consistenza e il profumo, portano questa straordinaria materia prima ad un particolare impiego per la lavorazione delle diverse cucine in relazione alle tradizioni. Abbiamo deciso di presentare, dopo una lunga e minuziosa ricerca, una farina, che unisce quattro cereali in un’unica miscela : dal nome fin troppo accattivate, “Sapori Antichi”.
Più in particolare si distacca completamente dalla filosofia dei grani teneri, o quelli duri di seconda generazione; si può incominciare allora a parlare di una nuova riscoperta di “Kamut” e del “Khorasan Kamut” passando quindi al “Farro” antichissimo cereale, usato nella fattispecie dai romani; per poi passare alla “Segale” che rappresenta l’Europa più settentrionale (cereali russi e scandinavi) per concludere con il protagonista di questa farina: L’”Enkir”. Detto anche “triticum monococcum”, il più antico di tutti. E’ con lui che inizia l’agricoltura, attraverso l’uomo che lo coltiva e lo diffonde. “L’Enkir” pur essendo antichissimo, sembra che fosse già al passo con le abitudini ed intolleranze alimentari di quel tempo, contenendo una piccolissima parte di glutine, molto più tollerabile per quelle sensazioni di indigestione di farine troppo lavorate e più pesanti.
L’emblema dei cereali e dei “Sapori Antichi” ha un nome nell’arte molitoria: Mulino Marino. Siamo andati alla ricerca di produttori che utilizzano esclusivamente un metodo biologico certificato: fino ad arrivare ad un’Azienda che ha fatto di quella filiera produttiva un marchio di assoluta qualità ed eccellenza. Fausto e Fulvio Marino, terza generazione di Mugnai di Cossano Belbo nelle Langhe piemontesi, hanno parlato delle loro iniziative presentandoci i passaggi dall’assemblaggio alla macinatura a pietra di “Sapori Antichi ”. Assolutamente priva di qualsiasi nervicida, insetticida e pesticida né tantomeno di microtossine e glifosati, la farina viene sottoposta ad un dettagliato controllo di qualità: «Quando siamo certi che la sicurezza alimentare viene garantita e anche le qualità organolettiche siano presenti, procediamo all’acquisto dei cereali in azienda. Successivamente vengono puliti mediante una selezionatrice ottica ad infrarossi» ci racconta Fausto Marino; quindi macinati seguendo le singole caratteristiche di un cereale a pietra naturale e non artificiale con velocità molto ridotta e la particolarità che il germe del chicco non venga scartato ma mantenuto all’interno delle farine. Questo per aumentarne il gusto ed il profumo.
Le valenze commerciali di queste farine parlano chiaro: le esigenze che conducono all’acquisto, sono sempre maggiori soprattutto perché il consumatore è sempre più consapevole, dato che è lo stesso consumo ad essere diventato consapevole. Suggerendo poi al compratore di andare oltre la semplicissima etichetta, è verosimile che ci si trovi di fronte ad uno scenario ben preciso; l’Italia è piena di queste realtà artigianali, e Marino ne rappresenta una di queste. Lavorando costantemente nel segno della qualità: del resto gli ultimi dati parlano di aumento di anno in anno dei consumi.
Il piatto che andiamo invece a presentare si chiama “la Domenica del Contadino”: Si tratta di un tortello ripieno con coda alla vaccinara su una vellutata di sedano e Crumble di pecorino romano. «Unire gastronomicamente queste due tradizioni, la piemontese e la Romana è una scelta coraggiosa e molto valida» aggiunge Marino; hanno infatti entrambe caratteri forti ed insieme rustici e sostanziosi. Prendiamo per esempio la famosissima “coda alla vaccinara”: possiamo abbinarla ai grandi bolliti del Piemonte. Ma non è tutto: perché è possibile benissimo paragonare le agricolture laziali e quelle di collina, fino ad arrivare al viterbese, con quelle del Piemonte meridionale. Come si vede quindi i punti di congiunzione gastronomici sono molti. . Ma il principale però resta sempre quello della tradizione culinaria che è legata al popolo.
Per raccontare come la farina viene trasformata in un piatto siamo entrati nella cucina del “Ristorante Grappasonni” che da due anni a questa parte rappresenta un punto fermo su Roma per tutti coloro che cercano una cucina innovativa ma allo stesso tempo attenta alla tradizione in un ambiente elegante e curato. Ad accoglierci abbiamo trovato Roberto Bonifazi, uno Chef giovane, estremamente preparato e fantasioso che è riuscito magistralmente ad esaltare la farina creando un piatto dal gusto profondo ed autentico. Utilizzando la farina ai quattro cereali “Sapori Antichi” della linea Marino ha preparato per l’occasione una pasta all’uovo resistente, dalla consistenza ruvida e dal sapore deciso che ha poi utilizzato per creare un tortellaccio ripieno di coda alla vaccinara accompagnato da un crumble di pecorino, chips di sedano rapa, pomodori confit e riduzione di sedano. Il nome del piatto ne rappresenta la sintesi perfetta: “La Domenica del contadino”. Già dal primo assaggio si percepisce il rimando alla tradizione, ai sapori forti e decisi della coda e del pecorino che vengono mitigati e addolciti dalla freschezza della riduzione di sedano e dal pomodoro. Il ripieno umido e saporito esalta in maniera fantastica il gusto meno deciso della pasta che lo racchiude.
Il piatto è però prima di tutto un’intuizione dello Chef, nasce dalle sue ripetute prove, dalla fantasia e dalle esperienze, per questo abbiamo raccolto le sue parole:
Chef, da cosa nasce l’ispirazione per questo piatto?
Nel realizzare il piatto sono partito da cosa rappresenta la farina per me. I colori delle campagne romane dove sono cresciuto mi hanno ispirato nella scelta dei colori. Ho voluto raccontare in un piatto il lavoro dei contadini, il crumble di pecorino, ad esempio, rimanda nella consistenza e nell’aspetto alla terra. Anche la coda alla vaccinara, un tempo piatto di recupero, è un richiamo alla vita contadina.
Come si esalta la cottura di una pasta ripiena utilizzando questo tipo di farine?
Studiando e facendo varie prove ci siamo resi conto da subito che anche un semplice impasto acqua e farina, grazie all’elevata quantità di proteine, presentava buona elasticità, tenuta e consistenza, per questo motivo ho scelto la pasta ripiena. La cottura deve essere meno violenta rispetto a quella della pasta tradizionale per evitare che si rompa lasciando fuoriuscire il ripieno.
Spostiamo l’attenzione sul ripieno, come è stato realizzato?
La nostra versione della coda alla vaccinara è caratterizzata dall’utilizzo del fondo bruno. La coda è stata prima di tutto scottata e stufata con sedano, carote e cipolle. L’aggiunta del fondo bruno ha incrementato la sapidità del piatto e l’ ”effetto gelatina” cioè l’estrazione del collagene che con il calore della cottura si scioglie donando liquidità e cremosità al ripieno che non risulta mai secco e asciutto.
Come si può coniugare tradizione culinaria romana e modernità in cucina?
Al giorno d’oggi è frequente in cucina il recupero e la riscoperta della tradizione, questa operazione va però fatta senza chiudere la porta all’innovazione, all’utilizzo dei nuovi macchinari e delle nuove tecniche. Cerco sempre di proporre una cucina dai sapori tradizionali rivisitata in chiave moderna provando a dare una visione personale ai miei piatti. In questo modo possono crearsi versioni infinite di un piatto. È questa per me la modernità in cucina.
Quanto è importante la qualità della farina in cucina?
Compito fondamentale di uno Chef è la ricerca della qualità nel singolo ingrediente. La scelta è dunque anche etica, è importante la selezione di prodotti di qualità come i grani antichi per evitare che sparisca la biodiversità. Non dobbiamo permettere che determinati cereali spariscano.
Per concludere un commento sull’enkir, grano protagonista di questa farina
L’enkir è un prodotto eccezionale, ha un numero altissimo di proteine e salvaguarda la biodiversità. L’unico problema riguarda il costo piuttosto elevato che ne rende l’acquisto proibitivo per le famiglie ma è davvero importante che la sua produzione venga preservata.
Lorenzo Palma
con la partecipazione di: Lorenzo Bruno, foto di Alessandro Grandoni.