di Vittorina Fellin
La Val di Non vanta un altro primato e anche questo è legato alla mela. La prima volta fu l’ottenimento della denominazione di origine protetta nel 2003, unico caso in Italia per l’ortofrutta, la seconda è l’aver messo in pratica un metodo di conservazione “sostenibile” unico al mondo. Stiamo parlando delle celle ipogee realizzate dal Consorzio Melinda, la struttura di secondo grado che unisce le 16 cooperative della Val di Non e oltre 4.000 soci produttori.
Le mele e le celle ipogee. E’ nella Dolomia il segreto…
Una soluzione di conservazione delle mele innovativa e pionieristica, realizzata all’interno di grotte sotterranee, che è valsa al Consorzio numerosi riconoscimenti. Il sistema di conservazione, messo in funzione nell’ottobre del 2014, dopo alcuni anni di studio, è costituito da 12 celle situate all’interno di un complesso minerario formato da un ammasso roccioso di circa 80 ettari di estensione costituito interamente da Dolomia – la materia rocciosa di cui sono fatte le Dolomiti – ovvero carbonato doppio di calcio e magnesio.
Le celle ipogee si trovano a 900 metri dall’ingresso della miniera e a 275 metri sotto le radici degli alberi di melo coltivati sui terreni in superficie. L’idea è nata da una felice intuizione dell’azienda titolare della concessione per l’estrazione della roccia in questo sito – Tassullo Materiali – che alcuni anni fa suggerì al Consorzio Melinda di considerare l’ipotesi di conservare le preziose mele negli immensi spazi di cava risultanti dall’attività estrattiva.
Il progetto: in futuro conservazione di 50.000 tonnellate di mele…
All’idea, accolta con entusiasmo da Melinda, segui un considerevole lavoro di ricerca teorica e pratica da parte di numerosi istituti di ricerca italiani ed esteri. Un’operazione da 8,8 milioni di euro che ha portato alla realizzazione di impianti ipogei capaci di conservare, in atmosfera controllata dinamica, ben 10.500 tonnellate di mele. La volontà di proseguire il progetto, supportata anche dagli studi condotti sul prodotto già conservato, conferma la validità dell’iniziativa. Nei prossimi anni, infatti, si andranno a realizzare altre celle in modo da raggiungere una capacità di conservazione pari a 50 mila tonnellate.
Melinda, Brand awareness superiore al 90%…
Forse si sapeva, fin dalla sua nascita, che l’idea di creare un impianto per la frigo-conservazione di frutta in ambiente ipogeo sarebbe stata rivoluzionaria. Quello che non si sapeva probabilmente è che avrebbe rivoluzionato l’idea stessa della conservazione. Non si può dire che quelli del Consorzio Melinda non siano stati dei pionieri: nelle politiche di marca prima grazie alla realizzazione di un marchio che oggi attesta una Brand awareness superiore al 90%, nell’aggregazione dell’offerta sviluppata sul modello cooperativo, nella diversificazione di prodotto grazie alla messa a dimora di nuove e innovative varietà di mela, oggi accompagnate anche da ciliegie e piccoli frutti.
Sostenibilità economica e sociale, il risparmio…
Ma il grado di innovazione più importante si è raggiunto proprio grazie a questo progetto, che guarda al futuro in maniera sostenibile sia dal punto di vista economico che sociale. Primo fattore di vantaggio la riduzione dei costi. L’azienda ha stimato un risparmio del 20% dei costi di costruzione – di eventuali nuovi impianti fuori terra – e un 30% di spese in meno nella gestione.
La riduzione del consumo di energia, inferiore del 70% rispetto alla soluzione fuori terra, oltre ad un vantaggio in termini economici, significa anche riduzione dell’immissione di CO2 nell’atmosfera (oltre 40 mila kg/anno, pari a 50 ettari di bosco di conifere adulte salvate). Anche il risparmio idrico (oltre 27 mila metri cubi all’anno, pari a 10 piscine olimpioniche) conseguente alla possibilità di usare la geotermia per il raffreddamento dei compressori, costituisce una componente importante nella riduzione dei costi fissi di gestione.
Ma il maggiore spunto innovativo consiste nell’aver realizzato le celle direttamente nella roccia naturale in modo da permettere la valorizzarne delle eccellenti qualità della dolomia, oltre a eliminare 850 tonnellate di isolante artificiale riducendo in maniera significativa l’impronta ambientale della struttura. La roccia, in questo caso, funziona da intercapedine termica: la cella, una volta portata dai 10 gradi naturali e costanti della roccia alla temperatura di 1 grado, necessità di una quantità minima di energia per mantenere una temperatura costante.
L’azzeramento dell’inquinamento acustico e il diminuito traffico dei mezzi pesanti nella Valle di Non…
Non dimentichiamo, infine, gli aspetti più diretti sul territorio. L’azzeramento dell’inquinamento acustico e il diminuito traffico dei mezzi pesanti che quotidianamente attraversavano la Valle di Non è un vantaggio di inestimabile valore. Oggi, infatti, buona parte dei mezzi che movimentano il prodotto si approvvigionano direttamente nelle celle situate nel ventre della montagna e comunque si fermano nel fondovalle.
Un turismo da inventare…
Melinda ed il suo variegato mondo legato alla mela vede un flusso di oltre 40 mila visitatori l’anno. Chi arriva nell’immensa valle frutteto, al cospetto delle Dolomiti di Brenta, vuole conoscere tutto di questo prodotto, dal sistema produttivo ai metodi di lavorazione ma soprattutto vuole fare un’esperienza con il territorio. Un incontro, quindi, con ciò che lo rendo unico ed inimitabile: le strade vocate (la Strada della mela e dei sapori della Val di Non e di Sole), le specialità enogastronomiche, le manifestazioni a tema, le strutture di ospitalità.
All’interno di questa specifica tipologia di turismo, le celle ipogee potrebbero costituire il fiore all’occhiello, visto l’ambiente in cui si sviluppano, senza contare che la dolomia, come materiale, merita di essere vista per le sue peculiarità geomorfologiche.
*Vittorina Fellin è una giornalista e scrittrice specializzata nel settore turistico ed enogastronomico.