E’ nata l’Associazione delle Donne della Vite, un luogo in cui agronome, enologhe, giornaliste, comunicatrici, ricercatrici, analiste, ristoratrici, sommelier, ma anche creative, si confrontano su viticoltura e vino. L’associazione ha l’obiettivo di creare una rete culturale, un punto di riferimento e un’occasione di aggregazione per le donne che operano nel mondo vitivinicolo, in cui raramente si trovano a lavorare insieme e a condividere progetti. Donne che si impegnano a valorizzarne il loro ruolo in un settore in cui sensibilità, capacità e professionalità femminili rischiano di non essere comprese in tutto il loro valore.
Valori fondamentali come etica, estetica e bellezza nei luoghi, nelle persone, nelle cose di tutti i giorni…
«All’inizio non avevo le idee chiare» racconta Valeria Fasoli, presidente della neo associazione e agronomo viticolo. «E’ stata forte la necessità e il desiderio di far emergere nella mia professionalità anche gli aspetti che rischiavano di restare sommersi e che rispecchiano valori per me fondamentali come etica, estetica e bellezza nei luoghi, nelle persone, nelle cose di tutti i giorni. Ho incontrato compagne di viaggio con esperienze, competenze, nonché punti di vista differenti e il mio sogno è diventato realtà e l’idea iniziale si è concretizzata grazie alla forza del gruppo. Ora il filo conduttore è il desiderio di creare lo spazio e la cultura per un sistema di valori nei quali crediamo sia possibile collocare agricoltura e vitivinicoltura in particolare. È questo il “nuovo luogo”, in cui principi e regole sono diversi, nel quale nel nostro manifesto invitiamo donne e uomini ad entrare».
L’importanza di un paesaggio viticolo bello da guardare…
L’attenzione al territorio e al paesaggio, come bene comune che il mondo vitivinicolo è chiamato a conservare e sostenere con pratiche etiche e sostenibili, sarà uno dei primi temi che le Donne della Vite affronteranno nelle loro attività. «Il paesaggio viticolo nel suo valore e significato ampio di conservazione dell’ecosistema» spiega Clementina Palese, giornalista professionista, che dell’associazione è vicepresidente. «Si inscrive perfettamente nel perimetro di principi che ci siamo date. Inoltre, un paesaggio viticolo “impastato” del luogo, dalle altre specie vegetali alle costruzioni rurali, è irriproducibile, peculiare e riconoscibile e rappresenta un elemento di valorizzazione in sintonia con l’emergere di un consumatore evoluto e attento. Un paesaggio viticolo “bello da guardare” evoca emozioni che si trasmettono inconsciamente fino alla qualità percepita del vino».