In montagna bisogna fare attenzione. Una distrazione o un’imprudenza costano caro, nel vero senso economico del termine. Si dilaga sempre più la volontà di istituire nelle regioni d’Italia “il Soccorso alpino a pagamento”, una sorta di ticket che a seconda della gravità dell’incidente può ammontare a una ventina di euro come a migliaia di euro.
Le Regioni del Veneto, il Trentino, la Valle d’Aosta e la Lombardia (il consiglio dei Ministri pochi giorni fa ha promosso la Legge regionale n. 5 del 17/03/2015) hanno già provveduto al metodo “chi è avventato in montagna paga” salvaguardando le inutili e costose chiamate di elicottero o delle squadre di soccorso che nelle altre regioni sono a carico della collettività; insomma la persona soccorsa non paga niente. E sembra funzionare perchè le chiamate al Soccorso alpino negli ultimi anni in queste regioni sono notevolmente diminuite.
Il soccorso alpino in Italia: il quadro regione per regione
Nel Veneto l’utilizzo dell’elicottero costa 25 euro al minuto se il ferito è grave (fino a un massimo di 500). Se il ferito è lieve o la persona illesa, il costo aumenta fino a 7.500 euro. In Trentino Alto Adige per chi chiama senza aver subito danni il ticket è di 750 euro. In Valle d’Aosta per richieste di soccorso immotivate il costo al minuto per l’utilizzo dell’elicottero arriva a 137 euro. Penalizzati anche chi si avventura in montagna senza un’attrezzatura inadeguata. In Abruzzo due i consiglieri regionali, Luciano Monticelli (PD) e Pierpaolo Pietrucci (PD), che si stanno adoperando per redigere una bozza di legge (dopo l’abrogazione della legge n. 1 del 2011) e portarla all’attenzione del Consiglio regionale.
Mi sembra logico che i costi di soccorso alpino siano addebitati a chi ne beneficia. – Paolo De Luca
Paolo De Luca, maestro di sci e accompagnatore di media montagna di Pietracamela, Teramo, nel cuore del massiccio montuoso del Gran Sasso d’Italia spiega le motivazioni per accelerare l’applicazione della proposta di legge, e poi dà qualche consiglio per evitare spiacevoli incidenti in montagna che potrebbero non esserci se ci fosse maggiore attenzione e preparazione.
“Mi sembra logico che i costi di soccorso alpino siano addebitati a chi ne beneficia. Andare in montagna è una scelta che comporta un margine di rischio; chi poi imprudentemente si mette in condizione di pericolo deve accettarne le conseguenze, anche economiche. Il paragone con altri tipi di soccorso, come gli incidenti stradali ad esempio, non regge; tempi, costi e difficoltà di intervento sono sicuramente inferiori e meno problematici.
La mia non è una voce isolata: a favore della proposta si sono recentemente schierati diversi esperti del settore come Lara Magoni (ex sciatrice alpina, ex dirigente FISI, Consigliere della Regione Lombardia), Danilo Barbisotti (Presidente CNSAS Lombardia – Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico), Reinhold Messner, Giampiero Di Federico, Pasquale Iannetti, i vertici del CAI, il Touring Club Italiano.
Tutti concordano sul deterrente di tipo economico quale strumento per disincentivare i comportamenti negligenti e sull’importanza di diffondere la cultura della prevenzione del rischio” sottolinea De Luca.
“Purtroppo si parla sempre più spesso di incidenti in montagna. E’ un fenomeno in crescita perché è aumentato il numero di coloro che desiderano praticare escursioni ed arrampicate sia in inverno che in estate, affascinati dalle alte quote e dai paesaggi spettacolari.
Quali sono le cause degli incidenti in montagna?
Nella maggior parte dei casi gli incidenti sono da ricondurre a superficialità e scarsa preparazione; molte tragedie si potrebbero evitare se gli escursionisti e gli alpinisti facessero più attenzione alle indispensabili norme di sicurezza.
L’esperienza, invece, ha dimostrato che spesso la difficoltà deriva da una sopravalutazione delle proprie capacità e da una scarsa valutazione del percorso che si vuole intraprendere e dei relativi rischi.
Cosa fare, quindi?
A mio avviso, innanzitutto si potrebbe modificare la Legge 363/2003 sulle norme di sicurezza e di prevenzione infortuni per lo sci di discesa e fondo estendendola anche allo sci alpinismo, all’escursionismo, all’alpinismo. Così come nell’attuale Legge si stabiliscono precise regole sulle piste da sci, anche nel caso di escursioni e arrampicate in montagna è necessario fissare regole più stringenti. Una soluzione potrebbe essere quella di stipulare una polizza assicurativa per le attività sportive: credo ci siano formule che coprono escursioni impegnative e probabilmente anche vie ferrate e sicuramente non arrampicate di alto livello. Nella maggior parte dei Paesi europei è prevista un’assicurazione per questo genere di attività: con circa 20-30 euro l’anno si è coperti in caso di infortunio”
Paolo De Luca risponde così “I reparti specializzati del Corpo Forestale dello Stato, Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza, Ma a chi il compito di certificare la sussistenza dei requisiti necessari a giustificare gli interventi di soccorso alpino? Vigili del Fuoco, Esercito (Alpini) hanno la preparazione giuridico-operativa per permettere ai propri uomini di poter ricostruire esattamente qualsiasi evento legato a infortuni ad alta quota, utilizzando come parametro di riferimento le linee guida del C.A.I. sulle regole di comportamento in montagna. Infatti ogni corpo ha una propria squadra di soccorso alpino pronta a collaborare, con quella del C.N.S.A.S del Club Alpino Italiano la quale, ai sensi di una Legge di protezione civile, ha il compito di provvedere alla vigilanza e prevenzione degli infortuni nelle attività alpinistiche escursionistiche e speleologiche nonché al soccorso degli infortunati, dei pericolanti e al recupero dei caduti ad opera di tecnici di soccorso alpino inquadrati come “volontari” e quindi senza alcuna retribuzione economica. Il Corpo nazionale Soccorso Alpino del C.A.I. percepisce finanziamenti pubblici per salvare le persone in montagna per circa 10 milioni di euro l’anno tra Stato ed enti autarchici locali quali Regioni, Province, Comuni.
A questo punto, un aspetto da risolvere è quello di stabilire se l’organizzazione CNSAS formata da volontari è opportuno riceva finanziamenti pubblici invece di utilizzare squadre di professionisti altamente specializzati già esistenti nel Corpo Forestale dello Stato (Soccorso Alpino Forestale), Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza (Soccorso Alpino Guardia di Finanza), Vigili del Fuoco (Speleo Alpino Fluviale), Esercito (Alpini) a cui eventualmente destinare quelle somme aumentando l’efficacia dei soccorsi. A tal proposito è da dire che la tempestività negli interventi è maggiore da parte dei professionisti visto che i volontari devono lasciare il lavoro e non sono in continua attesa e disponibilità per le emergenze.
“Tanto è tutto gratis”
Infine Paolo De Luca racconta un episodio vissuto sulla propria pelle a dimostrazione della scarsa preparazione di qualcuno che si avventura in montagna, ma anche del poco valore etico nella considerazione del lavoro del Soccorso Alpino e nella spesa che ricade comunque su tutta la comunità.
“In una bella giornata di sole, ero con un mio amico medico sulla cresta Ovest che dalla cima più elevata del massiccio montuoso del Gran Sasso d’Italia, la vetta occidentale del Corno Grande (2912 m s.l.m.), scende alla Sella del Brecciaio (2506 m s.l.m.) quando, in un punto molto esposto e difficile, abbiamo incontrato una coppia. Lei in evidente difficoltà, con una decadenza fisica significativa piangeva e per la paura non voleva più andare avanti né tornare indietro. Ci siamo subito fermati per prestare aiuto immediato. Il signore che era con lei ci ringraziò e aggiunse “Non abbiamo bisogno di nulla; tra poco, se la mia compagna non riprende a salire, chiamerò l’elicottero per farla venire a prendere e farla portare al piazzale dove abbiamo l’auto parcheggiata. Tanto è tutto gratis, approfittiamo per fare un bel giro e vedere il Gran Sasso dall’alto”.